Noi de La Bottega che Non c'è, ed il GAS Sogni e... Bisogni di Pessano con Bornago abbiamo aderito con molto piacere ed interesse.
«È meglio un giorno da pecora che 100 da leone» dichiara Renato
Zucchelli alla mdp di Marco Bonfanti. Massa corporea ingombrante, volto
pacioso, eloquio impacciato. «Sono un pastore», dice. Uno degli ultimi.
Il film, piccolo, ironico, affettuoso, offre la possibilità di
conoscerlo, Renato, tenero e ostinato protagonista di un’era perduta,
nomade e rurale, legata alla madre terra, a nessun grado di separazione
dalla vita. In memoria del settore primario, L’ultimo pastore è la storia di un eroe appartenente all’infanzia scomparsa del mondo. Anche per questo Renato, neo Serafino,
cerca un dialogo con i bimbi, lui i cui antenati - tiene a precisare -
diedero l’annuncio della nascita di Gesù. Così, per un’affinità
elettiva, porta 700 pecore in Piazza Duomo, a Milano, per lo stupore
degli infanti (e la gioia dei tg). E se questa è la strada dell’epica,
la linea narrativa forte, ci sono poi i panoramici sentieri dell’etica:
pensieri e parole di Renato, gemme filosofiche da umiliare politici,
ritratti di famiglia, una lezione di lingua arcaica, considerazioni
economiche (mai pietistiche), l’elogio di (questa) follia resistente,
personaggi secondari da urlo, un cane invisibile. Il tutto in un cinema
semplice, che sa che il docu è una fiction e compone quadri come un
Seidl addolcito, amabilmente fumettistico, che ammicca al western e alla
sitcom e sorride contento della sua transumanza, in immagini che non
guardano a Pelešjan, ma sanno rendere piacere sincero goffi videoclip in
ralenti, da brutte tv locali. Prezioso.
La proiezione sarà sabato primo marzo, nella sala Consiliare di Pessano. Ma è meglio mostrare la vera locandina.
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